Biografia di Raimondo Montecuccoli

 

ROBERTO AMADORI – Associazione “Il Frignano dei Montecuccoli”

APPUNTI BIOGRAFICI SULLA VITA DI RAIMONDO MONTECUCCOLI.

1. L’infanzia e gli studi.
Raimondo Montecuccoli nacque nell’omonimo castello il 21 febbraio 1609 dal Conte Galeotto e da Anna Bigi dama d’onore dei Duchi di Modena ed originaria da buona famiglia della borghesia ferrarese.
Galeotto era persona fedelissima al Duca di Modena anche se di indole burbera e arrogante. Si può ben dire che fosse una “testa calda” tanto che, più di una volta, il Duca in persona dovette intervenire in suo favore per rimediare alle numerose liti che lo vedevano protagonista. Si narra che dovette addirittura andare in esilio dopo che durante una di queste violente dispute, venne ucciso, con diversi colpi di archibugio, un abitante di Montebonello.
Il Duca e soprattutto sua moglie, videro nel matrimonio una possibile soluzione per costringere Galeotto a mettere la testa a posto. Anna Bigi fu la prescelta probabilmente per la sua vasta cultura (fatto piuttosto raro per una donna in quell’epoca) e la sua indole mite. Il matrimonio si celebra a Modena alla presenza del Duca il 25 novembre del 1605 con grande risalto e grande sfarzo.
All’età di 7 anni Raimondo abbandona il borgo di Montecuccolo. A seguito delle grosse difficoltà economiche in cui versava la sua famiglia, acuite (pare) da un periodo di forti carestie che aveva colpito tutto il Frignano, Galeotto si vede costretto a chiedere di nuovo aiuto al Duca Cesare d’Este. Nel 1616 arriva a Montecuccolo la notizia della morte del conte Luigi Montecuccoli che era allora governatore di Brescello. Il Duca di Modena affida a Galeotto il compito di sostituire il suo parente nella missione di governare la città di Brescello (RE) e quindi tutta la famiglia vi si trasferisce.
Galeotto non ha però perso il suo caratteraccio e anche a Brescello gestisce il governatorato più come tiranno che come servitore degli estensi. Si ha il sospetto che più di una volta si sia attentato alla sua vita fino a quando, nel 1619, Galeotto muore dopo misteriosa malattia che lo consuma in poco tempo. Lo stesso Duca, con Galeotto già in agonia, invia i suoi medici personali per i forti sospetti di un avvelenamento e con il malcelato sospetto che non venga adeguatamente assistito e curato. La popolazione di Brescello esulta ed organizza tre giorni di festeggiamenti con l’alibi della concomitanza di un’altra festività religiosa.
Rimasto così orfano di padre, insieme al fratello Massimiliano, viene affidato alle cure del cardinale Alessandro d’Este (1568-1624), fratello del Duca e che diverrà nel 1621 vescovo di Reggio, il quale lo conduce a Roma (Tivoli – Villa D’Este) al suo seguito provvedendo ad avviarlo agli studi ed alla carriera ecclesiasitca. Nel 1624 il porporato muore e gli lascia una rendita a condizione che termini gli studi ed abbracci la carriera ecclesiastica. Il giovanissimo Raimondo però già si rende conto di quale dovrebbe essere la sua strada e strappa al Duca Cesare d’Este la promessa che ultimati gli studi avrebbero rivisto i piani per il futuro del giovane.

2. L’adolescenza e l’inizio della carriera militare
Mentre continua con profitto ad arricchire la sua formazione storico-letteraria d’impronta umanistica, nel 1625 gli si presenta l’occasione che avrebbe segnato l’inizio della sua vita militare. Il conte Rambaldo di Collalto (1579-1630), generale dell’impero, che stava organizzando una spedizione in Italia, introduce il giovane Raimondo nell’esercito imperiale durante il periodo della guerra dei trentanni. Raimondo riesce quindi a coronare il suo sogno anche grazie all’appoggio delcugino Ernesto Montecuccoli (1584-1633) che lo accoglie fra le sue fila come comune soldato (Raimondo ha appena 16 anni!) facendolo rinunciare ai gradi di ufficiale solitamente riservati ai nobili. Raimondo dà subito prova di grande valore e di spiccate capacità cosicché nel 1629, nei Paesi Bassi, si distingue durante la presa di Amersfoort, presso Utrecht, dove è il primo a entrare nella città, portando lo stendardo imperiale. Più volte ferito in combattimento, già nel 1631 è nominato tenente e gli viene affidato il comando di una compagnia; quindi partecipa alla presa di Neuhandenburg e vi riceve l’alto riconoscimento di consegnare le chiavi della città al comandante delle armate imperiali, generale Jan T’serclaes, conte di Tilly (1559-1632). Sempre nel 1631 passa al comando di uno squadrone di cavalleria pesante e viene catturato da Gustavo II Adolfo Vasa di Svezia (1594-1632) dopo la battaglia di Breitenfeld, in Sassonia, del 7 settembre 1631, nella quale si batte con valore ed è gravemente ferito. Sei mesi più tardi viene liberato dietro pagamento di un riscatto.

3. La maturità e la fine della Guerra dei Trent’anni
A questo periodo risale la sua amicizia modenese con il poeta Fulvio Testi (1593-1646), con cui condivide la passione per la poesia. Egli stesso scrive diversi sonetti.
Ripreso servizio con il grado di capitano e subito promosso a quello di maggiore in un reggimento di fanteria, passa poco dopo a un reggimento di cavalleria con il grado di tenente colonnello. Nel 1635 si distingue ancora alla presa di Kaiserlautern, nel Palatinato renano, e merita la promozione a colonnello e il comando di un reggimento di corazzieri.
Le sorti degli Asburgo stavano volgendo al peggio nel confronto con gli svedesi e il 24 settembre 1636 l’esercito imperiale, sconfitto a Wittstock, viene salvato proprio da Montecuccoli che, con quattro reggimenti di cavalleria, consente alla ritirata di svolgersi in modo ordinato. Nel 1638 perde la madre e nel maggio del 1639 è catturato dagli svedesi. Prigioniero per tre anni a Stettino, può approfittare della ricchissima biblioteca dei duchi di Pomerania per dedicarsi alla lettura di opere scientifiche, spaziando dalla filosofia alla geometria, dalla medicina al diritto, dalla chimica alla botanica. È di questo periodo un’ampia produzione scritta, sia poetica che trattatistico-militare. Montecuccoli si dedica alla prima stesura dei trattati Della guerra e Delle battaglie, opere che intendono rispondere all’esigenza di una sistematizzazione scientifica delle problematiche militari, e si evidenzia in lui quella particolare lucidità d’analisi che gli consente d’individuare con chiarezza le emergenze e le esigenze del suo tempo. La grave situazione di conflittualità diffusa nei territori di quella che era stata la Cristianità occidentale, lacerata dall’eresia luterana, e la crescente minaccia costituita dall’espansione dell’islam nella penisola balcanica saranno le sfide con le quali si confronterà con tenacia indomita per tutta la vita, promuovendo l’istituzione di un esercito imperiale atto a garantire pace e sicurezza al di sopra dei particolarismi e degli egoismi.
Liberato nel giugno del 1642, torna alla corte imperiale ove è accolto calorosamente dall’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo (1614-1662), che gli comunica la promozione a generale.
Tornato subito sul campo, nello stesso 1642 sconfigge gli svedesi a Troppau — Opava in Cechia — e viene richiamato in Italia come comandante della coalizione che vince a Nonantola, nel Modenese, il 21 luglio 1643 le truppe pontificie nella cosiddetta Guerra di Castro (1641-1649). Rientrato in Austria, nel 1644 riceve in legato, alla morte della vedova del cugino Girolamo, il castello di Hohenegg presso Vienna, dove trascorre lunghi periodi di quiete dedicandosi alla stesura delle sue opere.
Nello stesso 1644 è nominato tenente maresciallo e partecipa a tutte le campagne imperiali, in Sassonia e in Ungheria. Nel 1645 viene nominato membro dello Hofkriegsrat, il Consiglio Aulico Imperiale di Guerra, suprema istituzione militare dell’impero, e diventa gentiluomo di Camera dell’imperatore.
La sua instancabile opera di condottiero consente che la pace di Vestfalia, del 1648, faccia cessare le ostilità prima che le forze e il territorio dell’impero siano del tutto annientati; grazie a lui l’impero può sopravvivere militarmente alla fase finale della Guerra dei Trent’anni e l’imperatore Ferdinando III d’Asburgo (1608-1657), riconoscendo i meriti e le qualità eccezionali di Montecuccoli, lo impiega in delicatissime missioni diplomatiche in tutte le corti d’Europa. Anche in questo ambito egli mostra doti eccellenti e grazie a lui sono ristabilite buone relazioni con molti Stati. Significativo il fatto che, probabilmente proprio grazie a lui, la regina Cristina Vasa di Svezia (1625-1689) si converte al cattolicesimo. È anche in Inghilterra presso Oliver Cromwell (1599-1658) e alla corte pontificia. In questo periodo di attività diplomatica Montecuccoli ha anche momenti di quiete nel castello di Hohenegg, fra il 1650 e il 1653, durante i quali si dedica alla stesura del suo Zibaldone, in cui espone le proprie prospettive filosofiche e scientifiche. Nel 1657 sposa Margarethe von Dietrichstein (1639-1676), allora diciottenne, e le loro nozze inaugurano un legame profondo, che li unisce per tutta la vita. Nello stesso anno egli viene cooptato dall’arciduca Leopoldo Guglielmo nell’accademia italiana dei Novelli o dei Crescenti, fondata l’anno prima e di cui fanno parte l’imperatore, l’imperatrice e un ristrettissimo numero di dotti della nobiltà imperiale.
Nello stesso 1657 gli sviluppi della situazione internazionale vedono, dopo l’abdicazione della regina Cristina di Svezia a favore di re Carlo X Gustavo di Zweibrücken (1622-1660), luterano, un rinnovato attivismo militare svedese che, sollevando rivendicazioni anticattoliche contro la Polonia, l’aggredisce nonostante questa fosse sostenuta dalla Danimarca. Montecuccoli viene inviato a gestire la crisi dall’imperatore, che lo nomina feldmaresciallo e comandante supremo delle operazioni in Polonia e sul Baltico. Il suo intervento e la sua esperta guida risolvono la situazione, che si conclude il 3 maggio 1660 con la pace di Oliva, presso Danzica, a favore della parte cattolica imperiale.

4. La vecchiaia e l’invasione turca
Lo stesso anno un’altra terribile bufera stava addensandosi sulla zona balcanica. I turchi, guidati dal gran visir Köprülü-Zadeh Fadil Ahmed Pascià (1635-1676), avevano dichiarato guerra all’imperatore. Questi nel 1661 nomina Montecuccoli feldmaresciallo generale, suprema autorità militare dell’impero, e gli affida la condotta delle operazioni. Nonostante la lentezza degli alleati nell’inviare rinforzi, Montecuccoli riesce a gestire la campagna in modo esemplare, manovrando con geniale agilità e riuscendo ad armonizzare un esercito molto eterogeneo. Dopo mesi di continui movimenti tattici e di studio reciproco i due condottieri si affrontano il 1° agosto 1664 presso il villaggio di San Gottardo — oggi Györ in Ungheria —, sul fiume Raab. Benché i turchi fossero circa il doppio degli imperiali, questi ultimi hanno la meglio grazie al genio e all’abilità del loro generalissimo. La vittoria porta alla tregua di Vasvár, in Ungheria, immediatamente richiesta dai turchi, e ha un peso determinante nella storia della penisola balcanica e dell’intera Europa, avendo dissolto la minaccia che gravava su Vienna — dove si erano rifugiati ben settantamila profughi —, su tutto l’impero e sull’Europa.
In riconoscimento dei meriti Montecuccoli è nominato luogotenente generale dell’impero e presidente dell’Imperial Consiglio Aulico Militare, riunendo in sé una serie di cariche e di poteri mai prima assommati in una sola persona e che non lo saranno mai più in seguito. Da allora gli vengono affidate altre numerose missioni diplomatiche. Egli riesce anche a continuare la stesura delle sue opere, completando alcuni lavori fondamentali, Della guerra col Turco in Ungheria e gli Aforismi.
Nel 1672 è di nuovo chiamato a combattere nella guerra franco-olandese per frenare l’espansionismo del re di Francia Luigi XIV di Borbone (1638-1715): nella difficile campagna, che l’impegna fino al 1675, egli tiene in scacco i maggiori strateghi della parte francese riuscendo a toglier loro ogni possibilità d’iniziativa.
Benché duramente colpito dalla morte della moglie, avvenuta nel 1676, continua il suo lavoro instancabile al servizio dell’impero impegnandosi a promuovere l’istituzione di un solido esercito permanente, che possa garantirne la difesa a prescindere dall’intervento, mai certo e raramente tempestivo, degli alleati. Contemporaneamente approfondisce importanti studi di fortificazioni, di balistica e di meccanica, progettando una carabina capace di sparare trenta o quaranta colpi di seguito.
Il 16 ottobre 1680 muore a Linz, in Austria. I suoi visceri sono inumati nella chiesa dei cappuccini della città mentre il resto riposa a Vienna in una cappella della chiesa dei Nove Cori Angelici, in piazza Am Hof, davanti al palazzo imperiale.

L’elencazione completa dei suoi titoli suona così:
Raimondo Principe di Montecuccoli, Conte dell’Impero, Luogotenente Generale e Feldmaresciallo; Signore di Hohenegg, Osterburg, Gleiss e Haindorf; Presidente dell’Imperial Consiglio Aulico Militare; Gran Maestro dell’Artiglieria e Fortificazioni; Governatore della Raab e Colonnello-proprietario di un Reggimento di Cavalleria; Reale Consigliere Segreto; Camerlengo e Cavaliere dell’Ordine del Toson d’Oro.

In questo soldato italiano, studioso e poeta, brillano le doti e la saggezza caratteristiche di un laico cattolico, disposto a impegnarsi totalmente al servizio della comunità, di un cavaliere che vive la propria vita combattendo la crociata del proprio tempo senza nostalgie e senza fughe nella fantasia, riconoscendo e accettando generosamente la milizia che la Provvidenza gli ha preparato, cioè vive l’avventura del proprio tempo con realismo e senza tradire l’ideale sempre urgente e sempre attuale di costruire e di difendere una Cristianità che sia casa comune per tutti gli uomini e nella quale la presenza dell’impero costituisca la garanzia di una guida e un riferimento ideale al di sopra dei particolarismi nazionali ed etnici.

Sta viator
ad tumulum
Raymundi illius
vel solo nomine sat noti
Principis
Montecucoli.

Fermati viaggiatore / al tumulo / di quel Raimondo / famoso anche solo col nome / Principe / Montecuccoli
(dalla lapide funeraria a Linz in Austria)